Il mestiere del panettiere: la vita che lievita di notte

↑ Antonio Pini, 62 anni, di Grosio, in Valtellina, fa il panettiere presso la Panetteria Pasticceria Bordoni di Poschiavo. Attiva dal 1946, dal 2018 il titolare è Giorgio Bordoni. 

I

La buonanotte è stata data, i televisori vegliano su occhi sognanti, le luci nei ristoranti si spengono, anche il semaforo si addormenta, la strada ora è nuda, nel buio scroscia senza fine il fiume che copre d’umidità il paese. Undici rintocchi irradiano il freddo, dividono il tempo. Arriva Toni, parcheggia l’auto e sgattaiola veloce al caldo, dentro il panificio. Sono quarant’anni che fa questo mestiere: orari impossibili per molti sono per lui la normalità, fanno ormai irrimediabilmente parte del suo ritmo biologico.

Ogni giorno Toni parte da Grosio, in Valtellina, per venire a Poschiavo. Arriva in solitudine, nel silenzio della notte sposta sacchi di farina e borse piene d’ingredienti, controlla diversi foglietti con le indicazioni lasciate da Giorgio, il titolare della panetteria, e inizia a impastare farina, acqua, lievito. Le mani lavorano. Prendono forma filoni, pagnotte, michette, ciambelle. Le forme lievitano lentamente, senza l’intervento dopante degli enzimi industriali; la vita le attraversa gonfiandole dolcemente. A mezzanotte arriva Daniele, con le sue mani svelte e giovani. Si continua a impastare e plasmare.

È ora di accendere il forno. Il calore che emana ti abbraccia d’inverno e consuma d’estate, quando non è possibile spalancare la finestra per respirare un po’ d’aria fresca. La lievitazione del pane ne risentirebbe. Mentre tutti dormono è il momento di correre, di sbrigarsi. Si inforna l’impasto già lievitato, si fa lievitare l’altro impasto, se ne crea, se necessario, un altro ancora, in base alle ordinazioni. A volte si tratta solo di pochi pezzi. L’importante è non sbagliare i tempi delle diverse preparazioni, conoscere il momento della piena lievitazione, cogliere il giusto istante per infornare e sfornare.

La crosta è dorata. Il pane è tolto dal forno e posto in ceste di legno, messo su un fianco perché non si schiacci, e poi si aspetta che si raffreddi. L’aria si riempie di profumi e di nuovo calore. Si continua a lavorare concentrati nel limbo della notte, con la testa bassa e le braccia veloci. Escono brasciadèle con o senza anice, pani ticinesi, parigini, pagnotte, pane integrale con diverse miscele di semi, pane alle noci, ecc. L’ultima forma è finalmente infornata. La tensione scende. Oggi tutto è filato liscio. Non sempre è così. Alcune settimane fa il forno non si accendeva più. Il pani- co. Non si può perdere il pane di una giornata! Toni chiama di corsa Giorgio, che a sua volta, nel profondo della notte, prova a raggiungere l’e- lettricista: non risponde al telefono, e allora si va a suonare direttamente al citofono di casa. Il «palpascosse» arriva, ancora assonnato, e aggiusta il forno. Si può ricominciare.

Ora c’è da pulire e il pane da insacchettare. Si può fare con calma. Sono appena le cinque. Fra poco arrivano Giorgio e l’aiutante. Insieme caricano e dividono i sacchi di pane per gli alberghi, il negozio e gli altri venditori della valle.

Alle sei il negozio apre, piano piano riprende la vita in paese, Toni e Daniele escono dal panificio, salgono veloci sull’auto e tornano alle loro dimore. La mattina Toni farà dei piccoli lavori a casa, e dopo il pranzo andrà a dormire, fino alle otto di sera, quando sarà già il momento della cena, anzi della sua colazione; salutata la moglie, prenderà la via della Svizzera, per dare ancora vita al pane nella fissità della notte.

Brasciadèla

Die «Brasciadèla» ist das typische Puschlaver Ringbrot aus Roggen- und Weizenmehl. Es wurde einst ein bis zweimal im Jahr vor dem Winter gebacken und als Vorrat aufbewahrt. Typischerweise ist es mit Anis gewürzt. Heute sind die «Brasciadèle» die Hauptattraktion der Puschlaver Bäckereien und werden auch über den Bernina hinaus verkauft. Ursprünglich ein Bauernbrot, wurde es zu Hause gebacken, zubereitet mit Roggen, der im Puschlav kultiviert wurde; einem Getreide, das sich für den Anbau im alpinen Raum besonders bewährt hat. Verwandte der «Brasciadèla» sind das Münstertalerbrot (Paun jauer, paun sejel) das Schüttelbrot aus dem Süd- tirol oder das Roggenbrot aus dem Veltlin, die mit Kümmel oder Fenchelsamen gewürzt sind. All diese Brottypen konnten getrocknet und so über lange Zeit aufbewahrbt werden. Die Puschlaver «Brasciadèla» hat aber zwei Eigenschaften, die sie von ihren Verwandten unterscheidet: Die Ringform und Anis. Die Form ist darauf zurückzuführen, dass das Brot auf langen Holzstangen getrocknet wurde, die unter dem Dach angebracht waren, um es vor den Mäusen zu schützen. Anis soll die Verdauung fördern, den stark rustikalen Geschmack des Roggens überspielen oder auch das Aufgehen des Teiges fördern.

Gri-cettario

Pro Grigioni Italiano lanciert den Gri-Cettario, einen Youtube-Kanal mit typischen Rezepten aus Italienischbünden: aus dem Bergell, dem Calancatal, dem Misox und dem Puschlav. Berufsleute, Köchinnen und Köche, aber auch LiebhaberInnen der guten Küche lassen einen Blick in ihre Töpfe zu und erklären die lokalen Rezepte mit dem Ziel, die Tradition der regionalen Spezialitäten weiterzutragen und das entsprechende Vokabular am Leben zu erhalten.

↑ Brasciadèla, das Ringbrot aus dem Puschlav, wird mit Roggen- und Weizenmehl zubereitet und mit Anis gewürzt. Es gibt die Brasciadèla aber auch ohne Gewürz. 

Text: Giovanni Ruatti | Bild: Mayk Wendt

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